“Dovrebbero fare qualcosa per quella discarica!“
“Del tipo?“
“…”
“Intendo: cosa pensi che dovrebbero fare?“
“Non so. Ma messa lì, visibile a tutti quelli che arrivano a Tasiilaq, con il vento che fa volare via pezzi di rifiuti, non è bello!”
I rifiuti
I discorsi sulla discarica di Tasiilaq si sono sprecati nei 14 giorni della mia permanenza alla Casa Rossa: chi si chiedeva come sia possibile che nessuno se ne occupi seriamente, molti indignati per lo scempio e altri che fingevano preoccupazione per problemi sanitari non meglio precisati.
Il rapporto che la gente di Tasiilaq ha con i rifiuti non è quello che ci farebbe piacere fosse: ci sono angoli di alcune strade in cui si accumulano pezzi di legno e plastica o un paio di carcasse di automobili, punti panoramici marcati da lattine o resti di confezioni di cibo; non ci sono veri e propri cestini lungo le strade, al massimo dei bidoni che vengono svuotati periodicamente, per cui è anche difficile capire dove si debbano depositare gli scarti.
Ma per quale motivo ci importa tanto quello che fanno a Tasiilaq dei rifiuti? Allo spirito di civilizzazione non credo. Se fosse perché la sporcizia in giro ci toglie la poesia, saremmo veramente arroganti. Non è casa nostra, se non ci piace quel che vediamo, possiamo tornare da dove siamo venuti.
Ma per quale motivo alla gente di Tasiilaq sembra non interessare del degrado causato dai rifiuti? Ho fatto alcune ipotesi:
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se alcune persone faticano a guadagnarsi da vivere, dei rifiuti credo importi loro meno di nulla;
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se alcune persone faticano a guadagnarsi da vivere, di scavare una buca nella roccia per togliersi i rifiuti da sotto il naso credo importi loro meno di nulla;
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se alcune persone faticano a guadagnarsi da vivere, spendere dei soldi per togliersi i rifiuti da sotto il naso (magari via nave) credo importi loro meno di nulla;
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per costruire una discarica secondo i criteri ingegneristici che riteniamo universalmente riconosciuti bisognerebbe essere almeno ingegneri, ma non so quanti ingegneri vivano in una cittadina in cui per prendere una laurea ci si deve trasferire altrove (si può scegliere prima di tutto tra Sisimiut, sulla costa occidentale della Groenlandia, e la Danimarca);
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quando una cosa è nascosta per circa 6 mesi all’anno sotto una coltre di neve esiste davvero o è solo un’illusione ottica?
- non producono imballaggi a Tasiilaq, arrivano con i prodotti via nave. Gli scarti delle attività nate sul posto sono biodegradabili, come gli scheletri delle foche sulla spiaggia o i liquami che escono delle tubazioni fognarie, quando ci sono. Magari si aspettano che prima o poi gli imballaggi qualcuno se li venga a riprendere.
I suicidi
Ne avevo letto nei libri di Robert. Ma sentirselo dire da un poliziotto di 25 anni fa un effetto diverso. Non solo sentire che i suicidi sono talmente frequenti da essere considerati un problema minore, ma anche il racconto grossolano del giorno in cui ha dovuto togliere il cappio dal collo di un amico: “Nessuno se lo sarebbe aspettato“. Sorride come fosse in imbarazzo.
La mappa della World Health Organization sul tasso mondiale dei suicidi per il 2015 non riporta i dati della Groenlandia, ma c’è uno studio dell’International Journal of Circumpolar Health aggiornato al 2011. Dice che il tasso annuale di suicidi per uomini e donne è aumentato dal 1960 al 1980 e da allora si è mantenuto sull’ordine dei 100 suicidi ogni 100.000 persone. In Italia il tasso di suicidi per il 2015 è stato inferiore a 10 su 100.000 persone. L’Italia è solo un riferimento: popolazione italiana 60,6 milioni, mentre in Groenlandia vivono meno di 57.000 persone.
L’alcool e la violenza
Gli inuit non bevono vino, ma apprezzano molto la birra. Alla Casa Rossa la birra è proibita. Alcuni dicono che sia una questione genetica: gli inuit sarebbero privi dell’enzima che metabolizza l’alcool, ne sarebbero in pratica intolleranti. Altri propendono per una teoria ambientale, secondo la quale sono le contingenze socio-economico-culturali che possono spingere gli individui verso il consumo e abuso di alcool. La realtà è che:
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non è infrequente incontrare uomini o donne ubriachi per strada, in qualunque momento del giorno e in qualunque giorno della settimana;
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quando esci dal bar di Tasiilaq il venerdì sera alle 22.45, quindi 45 minuti dopo l’apertura, puoi trovare una donna distesa a terra che straparla e, mentre tu ti chiedi cosa fare e ti soffermi più del dovuto a guardarla, alcuni ragazzi mimano la situazione e ti chiedono in inglese “did you understand now?“;
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alle spalle del villaggio, ma non troppo lontano dalle case, si trovano delle tende. Non sono giochi estivi per i bambini, sono la dimora temporanea degli uomini che perdono il controllo quando sono ubriachi e diventano violenti;
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capita che in un giorno il suv della polizia attraversi Tasiilaq di corsa per cinque volte di seguito per intervenire in situazioni domestiche di violenza;
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vicino all’ospedale è presente una struttura in cui vengono radunati alcuni bambini dal venerdì pomeriggio alla domenica sera. La comunità è piccola, per cui è facile sapere quali famiglie siano maggiormente in difficoltà in termini di abuso di alcool e violenza, allora i bambini vengono allontanati da casa durante il fine settimana in modo che non subiscano violenze o, più semplicemente, non assistano alla perdita di controllo degli adulti.
La bellezza di alcuni luoghi è come l’intelligenza di alcune persone: ti rende felice e oscura gli aspetti meno piacevoli. Ma nessuno può cancellare quello che non piace, al massimo può provare a ignorarlo. La realtà, però, non si cancella.
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