Le escursioni in barca sono l'unica soluzione per allontanarsi da Tasiilaq in cerca di altri villaggi, balene e fronti glaciali.

La prima cosa da fare a Tasiilaq è non avere programmi.

La seconda cosa da fare a Tasiilaq è evitare di ricorrere alle categorie della vita che ti è abituale.

La terza cosa da fare a Tasiilaq è dire sì alle proposte che fa Robert, perché le nuvole basse non durano per sempre e i limiti linguistici si possono scavalcare come basse staccionate in legno quando ci si vuole capire.

Robert chiede cosa vuoi fare: “sei più da mare o da montagna?”. Ma la risposta che preferisce è quella di chi gli dice che non importa, che ogni proposta è quella buona, perché è l’atteggiamento migliore: non puoi che essere soddisfatto da quello che arriva.

Rompere il ghiaccio con il kayak

Il kayak è stata la prima attività del mio soggiorno a Tasiilaq e, con il senno di poi, credo sia stata la più azzeccata per rompere il ghiaccio. Non bisogna essere esperti per godersi la pagaiata, ma servono un po’ di senso di equilibrio e resistenza nelle braccia. Se la giornata è soleggiata, solo la fatica fisica limita la durata dell’uscita, mentre l’oceano è sempre calmo trovandosi all’interno di un fiordo; diventa più impegnativo scivolare sull’acqua in caso di variazione di marea o se si alza un po’ di vento.

I kayak a disposizione hanno uno scafo con una curvatura praticamente inesistente, il che contribuisce notevolmente alla loro stabilità, mentre la manovrabilità è garantita dalla presenza di pedali, attraverso i quali si può direzionare il timone. A proposito, un accorgimento: accertarsi che il timone sia in acqua prima di salire sul kayak, così si evita di cappottarsi nel tentativo di farlo immergere…  solo esperienza indiretta, per me niente tuffi imprevisti. Comunque la caduta in acqua è un rischio solo in fase di salita e discesa, durante le quali si è sufficientemente vicini alla Casa Rossa per poter correre ai ripari. Magari evita di portarti macchina fotografica e zaino, così non sacrifichi nulla se non te stesso!

Il fascino del kayak sta nella sensazione di essere seduti in acqua restando all’asciutto. L’acqua è tanto scura da sembrare gommosa e, una volta preso il ritmo, non se ne percepisce l’attrito. L’aria frizzantina contrasta il surriscaldamento del tuo corpo alla perfezione e non servono né guanti né giacca a vento, basta un wind stopper che protegge anche dagli schizzi d’acqua. C’è sempre qualche iceberg alla deriva nel fiordo e il kayak ti consente di avvicinarti per assaporare meglio le sue sfumature: il dolce dell’azzurro Puffo, l’alcalinità del verde acqua e il potere dissetante del bianco. Ti racconta addii scricchiolanti, abbandona parti di sé con tonfi dolorosi e silenziosamente si lascia scomparire.

Le escursioni in barca

Tasiilaq si trova sull’isola di Ammassalik, circa 770 km2 che si possono percorrere a piedi seguendo i pochi sentieri segnati oppure fidandosi della sapienza delle proprie gambe e della propria capacità di orientamento. Se si è in cerca di fronti glaciali che si gettano in mare per figliare iceberg e di balene o se si volesse visitare un’altra cittadina, però, la barca è l’unica soluzione.

Chi non si veste a strati è perduto, così come chi si aspetti un confortevole viaggio chiuso in una cabina riscaldata. Le imbarcazioni portano un massimo di 12 persone e sono spartani motoscafi che offrono ampia visibilità in cambio di vento e possibilità di salti in caso di oceano non del tutto pacifico (del resto stai galleggiando sull’Atlantico).

Spostarsi in barca dà la dimensione della vita qui. Un po’ perché gli inuit vivono principalmente degli animali del mare, foche -orche -balene -il pescato, sia perché vivono sulla costa, abbarbicati alle rocce, giusto sopra la linea dell’alta marea e la distanza tra i villaggi ha più senso misurarla in ore di navigazione che in impercorribili chilometri in linea d’aria.

Robert propone tre soluzioni: la circumnavigazione dell’isola di Ammassalik, l’ice cap di Nattivit e il Rasmussen glacier.

Durante la circumnavigazione si sbarca in un insediamento abbandonato fatto di 3 case e un cimitero di croci in legno che si contano sulle dita di una mano. Poco dopo si arriva nell’affollatissimo (118 persone invisibili) villaggio di Tiniteqilaaq, che tutti chiamano Tinit, come fosse un vecchio amico: impossibile dimenticarsi di lui, affacciato da un lato su una stretta lingua di oceano che lo separa dall’isola di Ammassalik e dall’altro sullo sterminato fiordo di Sermilik, tappezzato dagli iceberg prodotti da una decina di ghiacciai. L’ultima sosta è Ikkatteq, località che custodisce i resti di un paio di case tradizionali, quindi si attraversa un tratto di mare aperto che regala ogni volta lo spettacolo delle balene e si ritorna a Tasiilaq.

L’escursione all’ice cap di Nattivit richiede resistenza alla navigazione, perché ci vogliono un paio d’ore prima di poter mettere piede a terra (in realtà è una lingua di sedimenti risputati dal fronte glaciale). Qui l’ice cap, la calotta che ricopre l’entroterra groenlandese, abbassa le sue creste fino a formare un comodo scivolo da cui salire e scendere. Cammini su una superficie di ghiaccio ruvida e tagliente anche per un paio d’ore senza mai riuscire a realizzare quanto sia grande l’inlandsis. Salti i crepacci, ascolti scricchiolii tanto fascinosi quanto sinistri e l’acqua che scorre “laggiù, da qualche parte”. Contempli pozze azzurrissime con sedimenti marroni come se fosse lo specchio delle tue brame. A volte intravedi piccole cascate il cui rimbombo va in profondità nel ghiaccio e nel tuo corpo. Se sei fortunato, un gruppo ha in programma una notte in tenda ai piedi dell’ice cap e puoi aggregarti e lasciarti temprare dal freddo. Sulla strada del ritorno si costeggia il fronte glaciale per ripassare le sfumature bianco- azzurro- grigio e provare a comprimere una montagna di ghiaccio in uno scatto fotografico. Sbuffi di balena ti distraggono dalla rassegnazione per il rientro a Tasiilaq e, magari, qualcuna accarezza l’acqua a pochi metri dalla barca.

Il Rasmussen glacier, invece… non l’ho visto, perché l’escursione era prevista il giorno della mia partenza. Quindi mi toccherà tornare. Ma mi sono fatta un’idea di quello che mi sono persa grazie a un piccolo album fotografico della Casa Rossa.

Comunqe Tasiilaq non è solo un punto di partenza. A Tasiilaq si può anche so-stare.